LA MONTAGNA INCANTATA

Questo progetto vuole essere  è una ricerca di scritti, opere leterarie, case e paesaggi già preesistenti.

Leggende, racconti, fiabe, sbilfs

…"io dipingo il paesaggio, ma vorrei immergermi dentro di lui, ne faccio parte. Però se m’immergo, non lo dipingo; per questo dipingo il desiderio di immergermi in lui, di essere parte del paesaggio, ma al tempo stesso di guardarlo”
Italo Calvino
“Noi umani siamo temporali viviamo nel tempo e nel tempo se non c’è una memoria ci perdiamo senza un’anima nella mediocrità infinita del ritmo del nostro tempo”
Umberto Eco

Il progetto è un centro permanente di vita democratica e costituisce lo sviluppo culturale delle comunità nella conoscenza del tempo passato e delle sue memorie nella più ampia diffusione della storia della filosofia dei suoi costumi e folklore locale. Valorizzando la conoscenza e lo sviluppo del patrimonio dei luoghi del loro spazio tempo, perdendosi dentro la sconfinata notte dei ricordi dove

“l'intero mondo diventa un Palcoscenico”
William Shakespeare

I paesaggi sono come i libri. Come le opere letterarie mutano nel tempo, sono soggetti a riscrittura, ma un paesaggio, come un libro, rimane fedele a sé stesso se gli elementi invariati sono più delle mutazioni. Altrimenti diventa un’altra cosa, un’altra edizione, nel caso dei libri, un’altra opera addirittura, nella percezione dei fruitori (dell’osservatore per un paesaggio, del lettore per un libro). Gli abitanti dei luoghi vivono dentro un paesaggio che gli è stato consegnato dalle generazioni precedenti, dai secoli passati, trascorsi dalla storia. Gli abitanti dei luoghi rispettano gli spazi in cui vivono quanto più ne percepiscono la continuità nel tempo. Perché quanto più impervi sono gli spazi, quanto più ostili sono gli ambienti, tanto più invarianti rimangono e tanto più ci si sente radicati.

L’ecomuseo conserva, analizza e fa rivivere, valorizza tutto quello che già è presente.

LA MAGICA PITTURA DEL PAESAGGIO DI UNA MALGA CARNICA

Non conoscevo la magica pittura dell’opera di nome “Natura”, se non averne parlato con sincerità ed entusiasmo agli amici di pianura. Si sa che gli amici, a volte, portano nuovi amici, che dopo solo pochi attimi di colloquio senti vicini, spesso con le stesse vibrazioni, gli stessi problemi di una esistenza sempre da vivere. Trovo importante conoscere la terra ed il suo territorio, perché è più facile arrivare alla sua “pittura”. Questo piccolo contesto della Carnia ha sempre una continuità di ricerca di colore e del segno. Nelle sue “opere” ed è lunga la sua attività, costruisce più di un segno e le “situazioni” divengono più aggressive e mettono a nudo elementi espressionistici. Il colore, caldo, giuocato su ocra, rossi spenti, bianchi calcinosi. Poi la sua pittura diviene più ampia e libera, come nella bella serie di nature morte, estati esplosive, autunni colorati, inverni malinconici e primavere sgorganti vita. Il colore, allora prevale sul racconto, gli impasti si fanno preziosi e il quadro è sempre costruito in strette e calibrate architetture. C'è nella sua pittura dolcezza e lacerazione, come nel vivere delle genti carniche che ella sente ogni giorno, tra tristezza ed entusiasmi retaggi di vita e di storie che continua nel tempo.

La pittura dell'artista “Natura” nasce dal disegno: è la stessa visione paesaggistica e vedutistica a riportarci alle origini. Ci sono, tra le altre, certi Paesaggi “quasi sembrano dipinti” di figure meno abituali, andate a scovare con l'appassionata curiosità di chi rifugge agli aspetti clamorosi, che si introducono nella ricerca coloristica attraverso una sottile maturazione del segno impressionistico di per sé stesso già quasi pittorico ma, via via, diventato pennellata, pur conservando il suo valore di precisione indicativa. In tal senso si spiega anche, da parte della “Dea Demetra”, la scelta di una tavolozza molto misurata, quasi sempre oscillante tra bruni, le terre, gli azzurri pallidi e poco accennati timbrati nelle figurine formicolanti; i suoi cieli, poi, sono caratteristici perché sembra che lì, nella maggiore immediatezza degli effetti, la pittrice conclude con rapidi accenni il suo dipinto lasciando quasi sempre, a dar luce al paesaggio, la superficie del fondo nella sua purezza, resa vibrante da poche tracce.

Dali
La Persistenza del Tempo di Salvador Dalì

Tutto ciò per dire che la “Dea” procede nello sviluppo del suo gusto e della sua esperienza in maniera coerente e sensibile, eliminando il superfluo dal quadro “Natura” e intensificando il valore della rapida e costruttiva pennellata. In tal modo ella ha raggiunto, come si vede soprattutto in una brillante natura morta quella spontaneità di tratto e quell'intensa varietà di colori che si affermano sempre più come interpretazione cromatica del segno. Tuttavia il significato costante di questa schietta “viva pittura” consiste principalmente nell'interesse vario e pronto suscitato nell'anima della “pittrice Natura”, del “motivo” offerto dalla realtà. Come un buon cacciatore di colori, la “Dea Demetra” si arresta ora qua ora là e prende di mira gli aspetti della vita circostante in una scelta gustosa e piacevole, adatta a suscitare il ricordo dei luoghi: si direbbe che ella faccia sempre un rapido “ritratto” della veduta paesaggistica o del personaggio umano, proprio perché ne sa cogliere i vari caratteri d'ambiente, pur senza giungere al pericolo dell'illustrazione. Da questo pericolo la trattengono: il grande e sincero entusiasmo per l'arte della grande “opera” della Natura, l'interesse pungente per le varie tecniche, ma soprattutto l'impegno fervido e tenace che l'afferra quando si pone innanzi al suo tema pittorico: tanto più che queste doti ne mantengono eccitata la fantasia e il desiderio di fermare rapidamente gli aspetti del vero, tanto più palpitante ne risulta la su “pittura”, specie nelle figure del paesaggio. “Pittura” limpida e spontanea dunque che ci viene incontro con la misurata chiarezza d'un discorso piano e sereno, al quale la vivacità del tratto sa aggiungere, spesso, l'interesse d'un più pungente e moderno significato. Oggi mi piace riscoprire l'antico incantesimo di certe stradine, “trois”, la fuga rosata delle tegole sui tetti sbilenchi, il fascino delle piccole case dalla tipica architettonica Carnica, alcune delle quali veri gioielli. Insomma questo minuscolo paesaggio che ancora oggi vive e dove anche gli intonaci, con i loro ocra sbiadito e le crepe rugose da cui sbucano inaspettati ciuffi di piante in fiore o di tinti ciclamini raccontano una storia lunga di secoli e ricca di personaggi, magari solo di generazioni di kramars, malgari o solo gente delle terre alte storia che il pennello della dea Natura Demetra raccoglie e fa vivere con sottile eleganza con impasti trasparenti, rievocando sensazioni e continuità della vita che viviamo, di un'umanità quotidiana filtrata dal suo occhio attento di magica pittrice conservata e vigilata da furbi e diligenti “sbilfs”che non la perdono mai di vista... L. P.

LA STORIA

di seguito riportata è ambientata in anni molto antecedenti alla prima guerra mondiale 1915-1918.

I protagonisti sono i malghesi e i pastori della montagna Carnica La narrazione inizia con le tante storie di streghe, sbilfs e racconti fatati che come in tanti paesi della regione Friulana Giuliana e Istriana, si raccontavano nelle stalle, in epoche passate risalenti alla memoria della nostra infanzia.

Nulla ha a che vedere con il famoso romanzo “La montagna incantata” scritta dall’ autore Thomas Mann, di cui ci siamo permessi di prendere in prestito il titolo ma come nel suo romanzo si narra di un allievo di Giosuè Carducci, noi ora parliamo del poeta lucchese. Giosuè Carducci arrivò in Carnia (nello specifico a Pian d’Arta, paese situato oltre Tolmezzo) nell’estate del 1885 scriveva poco prima ad un amico. “Ivi monti valli e foreste d’abeti ed acque fredde e carne ottima e vin di Conegliano e trote, il tutto a sei lire al giorno” Più probabile che da bere ci fosse ottimo vino friulano piuttosto che trevigiano! Ma questo poco importa … Quel che conta è che qui, come racconta nelle lettere alla moglie Elvira, tra un brindisi con i nuovi amici e un capitombolo lungo i pendii dei monti, riuscì a mitigare la sua sindrome depressiva e i disturbi di circolazione. Così la Carnia, che gli era entrata nel cuore, diventò, nelle rime di Comune rustico, il simbolo delle virtù civiche e dei più alti ideali di democrazia.

E in effetti, questa terra di confine attraversata dall’alto corso del Tagliamento e anticamente abitata da un popolo di origine celtica (i Carni) è da sempre un crocevia di popoli e culture capace di cogliere le influenze esterne, pur continuando a mantenere forte carattere della propria identità.

Così, ciascuna delle sette valli carniche è un piccolo mondo a sé che intreccia le usanze locali con quelle della tradizione mitteleuropea. Il territorio, sovrapposto dalle Alpi che lo separano dall’Austria, è un punteggiato di borghi dai nomi musicali, quali: Invillino, Latteis, Ligosullo, Ravascletto, Timau, Arta Terme (tanto per citarne alcuni) e comprende, nella zona meridionale, il Parco delle Colline Carniche (con paesi a mezza costa) e una piccola parte del parco delle Dolomiti Friulane, montuoso e per certi versi incontaminato dalla presenza umana.

L’asfalto delle nuove strade, naturalmente, è arrivato quasi ovunque, ma nelle zone più inaccessibili e nascoste sopravvive la Carnia più autentica.

Castel Valdajer, antico maniero risalente al 1488 1839.Val Lumiei, che sale impervia e spettacolare lungo la gola scavata dal torrente omonimo per spalancarsi serenamente nel cielo nella parte più alta (una conca panoramica che accoglie, a oltre 1000 s.l.m. Sauris, il paese più alto della Carnia) con un lago in cui si rispecchiano le cime dei monti, case in legno e pietra, boschi ombrosi e pascoli costellati di malghe, Sauris rappresenta una piccola antologia di pittoreschi paesaggi alpestri. In ricordo delle origini germaniche ne conserva il dialetto, ma non solo: i fondatori portano con sé, dalla Carinzia anche i segreti degli antichi metodi di affumicatura delle carni di suino per la preparazione del suo rinomato prosciutto crudo.

Ne sono esempio un altro paese della Carnia conserva alcune tipicità tradizionali prodotte con le carni di maiale: è Timau, ove ora si parla un dialetto di origine bavarese “che si perde nella notte dei tempi” e il cui prodotto degno “di nota” si chiama: Varhackara, ovvero un impasto composto in prevalenza da lardo bianco ad altre carni dal sapore inconfondibile, con un lieve aroma di ginepro, e dalla preparazione artigianale, che, con l’affumicatura ottenuta dal legno di faggio, gli ha fatto meritare un onorevole riconoscimento gastronomico. Un tempo era difficile che la gente potesse permettersi il suddetto prodotto, era considerato “tesoro” e i suoi scampoli venivano barattati al mercato dai cramàrs come fossero monete. Infatti una vera rarità per la cucina Carnica, fatta degli ingredienti semplici e genuini della montagna. Una cucina comunque ricca di tipicità, ma che talvolta si avventura in accostamenti inusuali, sfruttando quanto d’inverno riportavano a casa i cramàrs (venditori ambulanti di erbe aromatiche, spezie, manufatti in legno, stoffe). Nasce così ad esempio il contrasto tra dolce e salato che è alla base della più tipica delle ricette Carniche, quella dei cjarsons, pasta ripiena degli ingredienti più disparati, come erbe spontanee, patate, uvetta, cannella e altri segreti poi condita con burro fuso o la Varhackara, ricotta affumicata e il formadi carulat. La Carnia è la terra d’origine di uno dei piatti più diffusi in Friuli: “il Frico”, una sorta di frittata di scaglie di formaggio. Anche questa, ricetta povera, nata dalla necessità di utilizzare gli avanzi. Per allontanare il pensiero delle difficoltà quotidiane, si dava spazio alla magia e alle leggende: quelle legate agli Sbilfs (folletti dei boschi) e alle stries, (streghe) che pare si dessero convegno in Valcalda, sul Monte Tenchia, tra il paese di Cercivento e i laghetti Zoufplan e nella Grande Forra del Rio Vinadia. La ricerca delle tradizioni più antiche porta anche a Pesariis, frazione di Prato Carnico dove già nella seconda metà del Seicento, le famiglie realizzavano orologi a pendolo di ottima fattura, secondo le tecniche forse apprese dai cramàrs in Baviera.

Quando, nel 1725, i fratelli Solari fondarono qui una fabbrica di orologi da torre, il destino del borgo fu definitivamente deciso: Pesariis oggi, col suo museo, è per tutti il paese “degli orologi”. A Tolmezzo, il centro maggiore della Carnia, nel Museo delle arti e delle tradizioni popolari si trova invece, la ricostruzione degli antichi ambienti domestici, organizzati attorno alla cucina e al fogolar. L’agenzia del Turismo Friuli Venezia Giulia organizza passeggiate di fine inverno con le ciaspole lungo i sentieri innevati dello Zoncolan, escursioni nei boschi di Ravascletto e del monte Tarsadia e le sue malghe.

Tersadia dalla vetta

CATENA DEL MONTE TERSADIA

La catena Carnica Princiaple, ma anche i massicci delle Alpi e Prealpi Giulie, hanno da sempre destato grande interesse dal punto di vista geologico per la presenza di una serie di successioni stratigrafiche assai ricche di fossili. Questi strati sedimentari di origine marina, che dall’inizio del Paleozoico arrivano fino alla fine del Mesozoico, sono come i fogli di un libro aperto su cui leggere la storia dell’evoluzione della vita sulla terra. Ciò che ha prodotto questi effetti sono state le poderose spinte delle orogenesi Ercinica e Alpina, della Zolla Africana verso la Zolla Eurasiatica, che hanno determinato, in milioni di anni, il sollevamento dei fondali marini in più successioni, fino a formare la catena alpina orientale. Ecco allora che nella zona del monte Fleons, in comune di Forni Avoltri, si possono trovare le testimonianze delle prime forme di vita, Briozoi e Trilobiti dell’ Ordoviciano (450 milioni di anni fa). I massicci del monte Avanza e del monte Coglians fanno parte della scogliera corallina del Devoniano (350 milioni di anni fa) e sono ricchi di Brachipodi, Gasteropodi e Crinoidi. Nelle zone del monte Dimon e del Zoufplanappaino affioramenti di rocce vulcaniche del carbonifero generatosi in ambiente sottomarino, le cosiddette lave a cuscino (300 milioni di anni fa). Più a sud, si incontrano i gruppi dei monti Arvenis-Zoncolan, del Cucco-Tersadia, del Sernio-Grauzaria e dell’ Amariana che sovrasta Amaro; essi si sono formati tra Permiano e il Mesozoico (250 milioni di anni fa) e sono caratterizzati da fossili delle forme di vita più evolute: Cefalopoidi e Ammoniti

APPROFONDIMENTO Il monte Tersadia mt. 1959, è la cima più alta del Massiccio da cui prende il nome e si trova al centro della Alpi Carniche costituendo così la propaggine di un piccolo gruppo montuoso a Nord di Arta Terme, compreso tra la valle del torrente Chiarsò e la Valle del But, di cui fanno parte anche il monte Cucco e il monte Rivo. L’area è caratterizzata da dirupi scoscesi e ripidi, alternati dagli ampi boschi che circondano l’intero massiccio, e lo stesso Tersadia è emblematico di questo contrasto. È possibile accedere alla cima del monte, sia da nord (a partire da Ligosullo), che da sud (a partire da Rivalpo), entranbi i percorsi si sviluppano su facili sentieri e determinano in una mulattiera militare (risalente alla prima guerra mondiale) che conduce alla cima del monte (dove si possono vedere ancora, ben conservate gli appostamenti e trincee militari). Il percorso settemtrionale è caratterizzato dalla presenza di boschi, mentre in quello meridionale si incontrano numerose malghe e casere, a testimoniare la presenza dell’uomo in quest’area. Nell’area Neozoica si sono formati i depositi più superficiali, di origine glaciale, lacustre, alluvionale o di versante che, attraversano alterne glaciazioni, conducono fino sll’orografia attuale del territorio. Chi si trova a percorrere degli itinerari a piedi per andare in una malga all’altra, prestando attenzione non solo agli incantevoli scenari del paesaggio alpestre ma anche agli affioramenti rocciosi che talvolta si incontrano, potrà esercitare a scoprire quel mondo infinito dei fossili che silenziosi e pietrificati raccontano le loro origini.

Bioest 2025  8 e 9 giugno Trieste

Evento: 5/7 - 12/14 settembre Asiago (VI) (partecipiamo dal 2015)

Evento: 5/7 - 12/14 settembre Asiago (VI) (partecipiamo dal 2015)

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Luisa Pavan

 

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